C’è un piatto in particolare che unisce le famiglie d’Italia da Nord a Sud: il sugo al ragù, ospite d’onore dei pranzi domenicali. Quelli più importanti.
Presentato in molteplici varianti, il ragù ha un gusto che scioglie ogni tipo di palato. Impossibile resistergli.
Anche se ne esistono numerose varianti, in ogni caso la proporzione tra carne, verdure e pomodoro si presenta allo stesso modo in tutte le ricette.
La parola Ragù deriva da quella francese ragoût che significa risvegliare l’appetito. Al contempo, indica anche un condimento a base di carne stufata che nei periodi dell’antichità veniva mangiato con crostoni di pane.
Nel tempo, arrivando in Italia, la ricetta ha subito delle variazioni che hanno reso quasi naturale l’accompagnamento della pasta.
Poi, le variazioni si sono susseguite da regione a regione. Vediamo dunque quali sono i tipici ragù domenicali d’Italia.
Il ragù alla bolognese
Il ragù per antonomasia! Questo sugo è a base di carne ovina (o di castrato per mantenerci più fedeli alla tradizione).
Le radici di questo piatto in Italia si sviluppano nell’800 e già dal ‘900 comincia a diffondersi nel resto del mondo. Questo grazie alla facilità della reperibilità della materia prima, che rende questo sugo anche semplice da preparare.
A differenza di quello napoletano, il ragù bolognese è senza pomodoro. Insieme alla carne primeggia il tris di verdure tritate (sedano, carota, cipolla).
Il ragù alla bolognese è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale e pertanto la sua ricetta è depositata alla Camera di Commercio.
Il ragù alla napoletana
Ed ecco l’altra più famosa variante: il ragù alla napoletana.
Dal 1300 in poi, infatti, la storia e gli sviluppi del ragù si dividono tra lo Stato Pontificio e Napoli.
Per lungo tempo il ragù, all’inizio della sua importazione, era visto come una pietanza a sé stante e non come un condimento. Lo diventerà solo nel tempo.
Nella versione napoletana non è prevista la carne macinata ma pezzi interi di manzo farciti e costine di maiale.
Il ragù deve cuocere almeno 5-6 ore a fuoco molto basso che produce, nell’ultima fase di cottura, la famosa peppiatura (sobbolittura lenta).
Queste sono le due ricette più importanti, ma sono davvero numerose le produzioni da Nord a Sud.
Il ragù di castrato abruzzese, il misto alla lucana della Basilicata, il ragù di maiale calabrese, quello friulano di camoscio, l’abbacchio laziale (fatto con l’agnello da latte), il ragù ligure (con maiale bianco), quello d’oca alla Lomellina in Lombardia, il misto alla molisana, il ragù di cervo alla piemontese, quello di cinghiale in toscana, di capriolo e cavolo rosso in Trentino Alto Adige, d’anatra e porcini alla veneta, di pernice alla valdostana…
… insomma, le varianti sono infinite e come avrete sicuramente capito, tutto dipende per lo più dalla carne impiegata (che chiaramente ne cambia il sapore).
Quello su cui non c’è dubbio è che il ragù, ovunque voi andiate in Italia, è una vera e propria istituzione familiare. Non c’è che dire.
E sono certa che non c’è una sola versione che non vi farà venire l’acquolina in bocca!