Il Pane di San Sebastiano al Vesuvio, storia e usanza
San Sebastiano al Vesuvio vanta un’antica memoria legata alla produzione del pane. Nei resti del convento in via Monaco Aiello, tutt’ora distretto di fornai, i frati erano fornitori di pane per la real casa dei Borbone. Ancora oggi rinomato e ricercato dai buongustai, deve la sua sopravvivenza ad un panificatore, Domenico Filosa, che si è impegnato a salvarne la tradizione. Ma non solo. Questo coraggioso e appassionato maestro dell’arte bianca ha ridato dignità, e soprattutto legalità, a tale mestiere troppo spesso oppresso dal controllo della camorra. E lo ha fatto denunciando con una certa insistenza il grande numero di panifici illegali presenti principalmente nella provincia di Napoli.
In uno dei tanti casolari della zona, Domenico viveva con la propria famiglia di contadini e sin da bambino faceva il pane insieme alla nonna, con un certo orgoglio. Non ha più smesso da allora e nel suo panificio, dopo più di cinquant’anni, continua a rinnovare quel lievito madre. La passione per il proprio lavoro è divenuta un impegno sociale pesante e difficile. Le minacce sono numerose ed infatti all’ingresso del panificio è frequente la presenza dei Carabinieri.
Un evento per celebrare il pane di San Sebastiano al Vesuvio
I fornai di S. Sebastiano al Vesuvio, un comune dell’area vesuviana in provincia di Napoli, sono considerati dei maestri nella produzione delle forme di pane che hanno preso il nome dal comune stesso. Il pane di San Sebastiano ha visto negli anni mantenere invariate le regole produttive e gli ingredienti utilizzati così da rimanere un prodotto genuino e di altissima qualità.
“HapPANEss” è l’evento che San Sebastiano al Vesuvio ha voluto per celebrare il pane, il suo fiore all’occhiello. Una manifestazione che coinvolge il pubblico con divertimenti, degustazioni, approfondimenti su questo insostituibile alimento.
La panificazione esprime la cultura del territorio e del suo popolo, ne conserva la storia e le tradizioni. HapPANEss raccoglie questi valori profondi in una festa, e li trasmette alle nuove generazioni, rafforzando il senso di appartenenza e la gioia di preservare questo cibo così prezioso.
Tre giorni di attività rivolte a grandi e piccini, per scoprire tutti insieme l’affascinante racconto del pane, ed assaggiare i prodotti dei maestri artigiani e le altre specialità del territorio.”
San Sebastiano al Vesuvio: una tradizione antica
Il pane è l’alimento più antico, che nutre e accomuna i popoli, accompagnando il loro cammino. Il pane di San Sebastiano, nel XIX secolo, era il pane dei contadini, dei braccianti e dei carrettieri e veniva preparato con il grano di Volla. A questi signori, interessava principalmente che il loro companatico, conservasse a lungo profumo e sapore.
Le nuove tecniche di lavorazione e la ricerca sulle materie prime, danno vita oggi a una grande varietà di prodotti, per ogni gusto ed esigenza.
L’importante è che il pane sia buono, fatto con cura e maestria, con ingredienti sani e di qualità. E’ questo il messaggio che si vuol trasmettere. Il Pane di San Sebastiano è il protagonista rappresenta l’orgoglio e la risorsa di un popolo, da celebrare e preservare nella sua naturale bontà.
Il pane di San Sebastiano al Vesuvio
A San Sebastiano al Vesuvio, la panificazione è un’arte secolare, tramandata di padre in figlio, basata su tempi lenti e gesti precisi, come la sapiente aggiunta del lievito madre che qui si chiama “criscito”. Il risultato è detto “palatone”, un pezzo di forma allungata, di altezza superiore alla base.
La crosta dura e croccante ne protegge la freschezza a lungo, al punto che è noto come “pane di 8 giorni”. La mollica è morbida, con occhiatura grande ed irregolare, profumata di buon grano.
Il pane cafone invece conserva ancora oggi, la stessa bontà e consistenza anche dopo diversi giorni. Fu così che venne ribattezzato con il nome “pane otto giorni”. Il segreto è nascosto nella sua lievitazione che avviene in maniera naturale con il criscito, ovvero acqua farina e impasto delle precedenti infornate. Alcuni panettieri utilizzano la stessa “madre di criscito” da sessant’anni, rinnovando ogni giorno l’impasto con farina e sale. La cottura racchiude un altro piccolo segreto.
Essa viene eseguita solo quando il processo di lievitazione è al culmine ed è fatta con fascine di castagno raccolte nell’area vesuviana. Infornare i pezzi di pane in quel preciso istante, consente la fuoriuscita dell’anidrite carbonica e la conseguente formazione, sia del rigonfiamento del pane sia della crosta. La crosta scura e croccante e la mollica profumata sono le sue caratteristiche principali. L’acqua utilizzata è codificata e proviene dalla sorgente di Serino. Per i maestri di San Sebastiano, una particolare attenzione, deve essere rivolta anche al forno. Esso è realizzato con le pietre di Sorrento, le quali mantengono il calore e trattengono i profumi. Il pane otto giorni costa poco, dura tanto ed è buono anche per chi è intollerante al lievito di birra.