La pandemia ha cambiato dinamiche e priorità: oggi in molti sognano di lasciare la città per vivere in un luogo con ritmi più lenti e spazi verdi, senza però perdere le opportunità lavorative e le comodità che i grandi centri urbani offrono. E chi invece già vive in questi luoghi remoti può usufruire sempre di più dei vantaggi che la digitalizzazione ha portato e continuerà a portare, anche grazie alle risorse messe in campo dal PNRR.
A raccontare questo nuovo paradigma è “Paesini”, il progetto nato dalla collaborazione tra What Italy Is, collettivo di Content Creator che ha lo scopo di raccontare l’Italia oggi, ed EOLO, Società Benefit e principale operatore leader in Italia nella fornitura di connettività tramite la tecnologia FWA.
Una serie di 52 storie che vivrà sui social e che durante tutto l’anno racconterà luoghi remoti del Paese e storie di persone comuni che proprio in queste località, anche grazie a internet, sono riuscite a realizzare il proprio sogno di vita.
Il viaggio continua nel Lazio: dopo aver scoperto la storia e le meraviglie di Civita di Bagnoregio, il team di What Italy Is si è spostato a 66 km da Viterbo, nella parte più a sud della Tuscia.
Più precisamente a Calcata, un paesino arroccato su un pianoro di tufo, conosciuto come il paese delle streghe, degli hippie e degli artisti e inserito da tempo tra i borghi più belli d’Italia.
Il collettivo ha incontrato qui Gianluca Aphel, che in questa località ha aperto il ristorante La Piazzetta, nel 1992.
La sua filosofia è chiara: si cucina tutto di giorno in giorno, con prodotti locali del territorio e la pasta è rigorosamente fatta con le sue mani.
La ricerca della qualità delle materie prime che utilizza nella sua cucina, iniziata più di 8 anni fa, ha portato Gianluca non solo ad entrare a far parte dell’alleanza Slow Food dei cuochi ma anche sulla guida Gambero Rosso.
Fra i piatti forti di Gianluca ci sono i “Tringozzi con la gricia”, piatto popolare di origine romana, di cui ha raccontato la sua modalità di preparazione:
“La gricia è la vera amatriciana perché il pomodoro non è utilizzato in Italia fino all’arrivo degli americani; il pecoraro si portava la forma di pecorino, il guanciale, la padella, vino e la pasta che preferiva. Quella che state mangiando voi è fatta da me, l’ho chiamata “Il Tringozzo” perché utilizzo tre farine per farla: farina di grano tenero, farina Maiorca e farina di farro.
Tutte farine che arrivano dalla Tuscia viterbese, da un antico forno a Montefiascone.
Fa parte del mio lavoro utilizzare solo prodotti del territorio, anche il guanciale arriva da Nepi, a pochi km da qui, e viene affumicato nel camino. Il pecorino con cui ho amalgamato la pasta arriva da Civita Castellana e il vino con cui ho sfumato il piatto invece proviene da Montefiascone”.
Senza internet, racconta, inoltre, Gianluca, il ristorante non riuscirebbe a raggiungere la maggior parte dei suoi clienti: le prenotazioni, ormai, arrivano soprattutto tramite WhatsApp, email o portali di prenotazione online.
Anche i social media, in particolare Facebook e Instagram, hanno un assunto un ruolo molto importante perché permettono di raccontare la passione per la cucina, attraendo gli utenti e spingendoli ad assaggiare i suoi piatti.