Il cibo in scatola fa male? No anzi, tutt’altro. Secondo alcune ricerche scientifiche il cibo in scatola mantiene tutte, o quasi, le proprietà nutrizionali del cibo fresco. Se è di qualità, cioè lavorato da materie prime buone, il cibo in scatola (come tonno in scatola, mais, pelati di pomodoro) è un’ottima fonte nutritiva e un alleato in cucina impagabile, tanto a casa quanto nella ristorazione.
Il cibo in scatola è sicuro?
Sì, il cibo in scatola è sicuro. Proprio recentemente, nella nota trasmissione di divulgazione scientifica Super Quark se n’è parlato. Nello specifico a raccontare la buona qualità del cibo in scatola è stata la rubrica “Scienza in cucina” curata dalla dottoressa Elisabetta Bernardi. Dunque, possiamo essere tranquilli quando ci affidiamo ad un pelato o al pesce in scatola, o ai legumi. Tuttavia, occorre prestare sempre attenzione alle etichette dei prodotti che si acquistano: alcuni contengono grassi saturi e sale, sebbene le migliori marche siano attente ad abbassare i livelli di sale nel prodotto.
Perché il cibo in scatola è un’ottima alternativa al cibo fresco? Come spiegato anche dalla Bernardi, il cibo a lunga conservazione mantiene quasi tutte le proprietà nutrizionali del prodotto fresco, tranne le vitamine idrosolubili come la vitamina C che, comunque, si perderebbe ugualmente nella cottura. Da cosa è garantita la lunga conservazione, permettendo di avere alimenti sani sempre pronti all’uso? Il processo di lavorazione elimina i batteri e gli agenti patogeni, riducendo il rischio di contaminazioni. Inoltre, la scatola di alluminio o acciaio inossidabile garantisce l’integrità della confezione anche dopo lunghi periodi di tempo. Infine, le proprietà dell’alluminio e dell’acciaio inossidabile proteggono il cibo dalla luce e dall’ossigeno, evitando così l’alterazione delle sue caratteristiche organolettiche. La lavorazione del prodotto in scatola permette di evitare i conservanti.
Tonno e pomodoro in scatola: sì a gusto e sicurezza
Sicuramente i prodotti maggiormente consumati in scatola sono tonno, sardine e pomodoro. Nel caso del pesce s’è visto che gli omega3, di cui è ricco il fresco, rimangono invariati anche nel prodotto in scatola. In alcuni casi se ne disciolgono alcune quantità nel liquido di conservazione. Per quanto riguarda il pomodoro, poi, nella fase di lavorazione acquisisce maggiori concentrazioni di antiossidanti.
Quando nasce l’industria conserviera?
La storia è molto complessa ed è una bellissima pagina della storia dell’agricoltura e dell’industria. Dopo vari passaggi quello cruciale fu il lavoro del francese Appert, che consentì di inventare i sistemi moderni di conservazione e di inscatolamento, prima usando vasi di vetro, successivamente, utilizzando lattine di banda stagnata. Come leggiamo nell’interessante pagina web Museodelpomodoro di Parma : “Nicolas Appert, pasticciere in rue de Quincampoix a Parigi, che dopo numerosi tentativi a partire dal 1796 realizza in un piccolo atélier a Ivry-sur-Seine le prime conserve in vasi di vetro[2]: due le intuizioni fondamentali, il riscaldamento in acqua bollente e la chiusura ermetica del vaso in fase di bollitura. Le stesse che aveva alcuni anni prima individuato l’abate Lazzaro Spallanzani in Italia, senza peraltro darne particolare diffusione, se non in alcuni scritti dei suoi “Opuscoli” e le stesse indicate dallo svedese Scheele per la conservazione dell’aceto (1782)”.
L’etichetta
È importante leggere sempre l’etichetta prima di acquistare un alimento in scatola. La maggior parte degli alimenti conservati in questo modo sono sicuri e buoni, e bisogna prestare attenzione ai grassi saturi e alle calorie che l’etichetta riporta. Le etichette dei prodotti devono garantire tutte le informazioni necessarie: il nome del prodotto, la lista degli ingredienti, la data di scadenza, la quantità e il peso netto sgocciolato. Infine, un cenno va fatto sull’imballaggio: le scatole sono amiche dell’ambiente perché la “lattina” può essere riciclata moltissime volte, mantenendo le proprie caratteristiche.