Se la cucina è una vera e propria arte, è giusto tutelarla. Ecco perché da un po’ di tempo ormai si parla di diritti d’autore anche in cucina: un modo per tutelare le invenzioni create dagli chef esattamente come accadrebbe con il quadro di un pittore o il brano di un musicista.
Sono molti gli chef che hanno deciso di tutelarsi dalle imitazioni:
- Davide Oldani ha registrato le sue famose posate forchetta, coltello e cucchiaio come disegno europeo.
- Lo chef Alajamo ha registrato il marchio avente in oggetto il suo stesso nome e inoltre ha ottenuto un brevetto per il processo di lavorazione della pizza al vapore.
E questi sono solo alcuni degli esempi che potremmo fare.
Copyright anche sull’impiattamento?
Il dibattito è aperto e molto discusso anche per la tutela degli impiattamenti. Nessuno si è realmente pronunciato a riguardo. Però nel 2015 c’è stata la simulazione di una finta causa con veri giudici e avvocati che vedeva protagonista il “Risotto oro e zafferano” in omaggio a Gualtiero Marchesi, realizzato da un suo ex cuoco, Guido Rossi. Quest’ultimo è stato ritenuto astrattamente responsabile di violazione del marchio di forma, design, diritto d’autore e concorrenza sleale.
Cosa dice la legge sul diritto d’autore?
Di tale legge possono avvalersene in ogni caso gli chef? Oppure ci sono solo determinati casi e determinati confini nei quali doversi mantenere al fine di potersi avvalere della tutela?
Secondo la legge sul diritto d’autore n. 633/1941 (“l.d.a.”) tutte le opere dell’ingegno, tra cui quelle del disegno e/o delle arti figurative e similari, che presentino nella loro rappresentazione estetica un carattere creativo minimo – oltre che le opere del design industriale ove il carattere creativo sia affiancato anche da un valore artistico – sono tutelabili (si vedano gli artt. 1, 2 n.4, n.5 e n. 10 della l.d.a).
È dunque necessario che le opere culinarie presentino almeno in parte della creatività per poter avvalersi della legge sul diritto d’autore.
Gli chef che creano opere dell’ingegno godono di tutti i diritti morali e patrimoniali che la l.d.a. e le leggi internazionali sul copyright riservano agli autori, nonché agli artisti, interpreti ed esecutori.
Sembra che si discutesse già di questi temi nel 510 a. C. con la Legge Sibari che recitava: “Qualora un ristoratore o un cuoco inventi un piatto originale ed elaborato, nessuno altro che l’inventore è autorizzato ad utilizzare la ricetta, prima che un anno sia passato, in modo tale che l’inventore abbia il diritto esclusivo di ricavare un profitto da esso all’interno del suddetto periodo, e in modo da indurre altri a fare uno sforzo e a distinguersi per le invenzioni nello stesso campo”.
Gli chef che non si avvalgono del copywright
C’è anche chi continua tranquillamente a lavorare senza avvalersi di alcuna legge che tuteli il diritto d’autore.
È questo il caso dello chef Enrico Bartolini che a tal proposito afferma: “Sino ad oggi non mi sono attivato in alcun modo per tutelare i piatti, ho provato a farlo sul nome e sul brand, ma con esiti negativi. Quindi ho pensato che se un piatto o una ricetta in cui noi, come team, ci sentiamo riconoscibili viene copiato, è più un problema di chi copia che così facendo arricchisce la nostra comunicazione e il nostro marketing.”
Una cosa è certa: a prescindere da come gli chef intendano muoversi per far valere i propri diritti in cucina, è evidente che anche l’arte culinaria necessita della propria tutela proprio essendo frutto d’estro creativo.
Qual è il vostro parere a riguardo? PRO o CONTRO la tutela dei diritti d’autore in cucina?
Fatecelo sapere nei commenti!